Editoriale in quarta di copertina
di Paolo Ruffilli
Nella poesia di Renzo Cremona c’è una costante ricorrente, che è anche la cifra inconfondibile di ogni sua raccolta: un’interferenza continua del pensiero sull’immagine, che si traduce formalmente nell’andamento piano, nel tono discorsivo dentro l’intenzione lirica. E si potrebbe dire, in altre parole, che c’è un’attitudine in Cremona a tradurre il dato filosofico-riflessivo in immagine poetica. Così anche in La pergamena delle mutazioni, dove la vena riflessiva e quella filosofica della poesia di Cremona determinano un tessuto poetico che, oltre le immagini di cui è fatto minutamente, fonda il proprio retroterra di idee che generano parole. E la pregiudiziale di pensiero si fa, in maniera attiva, sostanza di poesia. Tutto avviene, ancor più che per il passato, in una sorta di “diario” delle pagine privilegiate, trascelte a comporre (e a verificare, a interrogare, a mettere sotto processo) il senso di una vicenda e di una vita. Tema centrale è, a ben guardare, la morte (anche come tenebra e notte): termine ineludibile del confronto, enigma esistenziale, l’altra faccia della medaglia, vuoto di assenza in cui precipitano errore e disguido, ma in cui si scioglie anche il doppio senso della vita.