La Nuova Tribuna Letteraria, no. 115 Anno XXIV (3° Trimestre 2014), pag. 49
Renzo Cremona: Cartoline da Trapani
Edizioni Eva, Venafro (Is), 2013
di Stefano Valentini
Tra i nostri autori contemporanei meno catalogabili, Renzo Cremona negli ultimi anni – dopo il corposo e quasi monumentale Tutti senza nome – ha pubblicato una serie di piccoli libri, molti dei quali con le Edizioni Eva, a metà tra narrazione e prosa lirica. Certamente Cremona è poeta, e dei poeti ha la sensibilità e la tempra, ma altrettanto certamente è narratore, avendo dei narratori lo sguardo e il (sia pur compresso) respiro. Queste Cartoline da Trapani sono, appunto, ciò che il titolo dice, ovvero testi concisi e brevi, fitti d’immagini e intuizioni scaturite dalla presenza temporanea in un luogo. La descrizione della città, frammentaria e tuttavia in certo qual modo minuziosa, coincide con la sua scoperta, quasi a trarla dal “sonno cartografico”. Ecco, a mo’ di esempi, alcuni lacerti dalle prime pagine, nelle quali si legge anche l’invito ai lettori a farsi loro stessi “timone” di questa navigazione terracquea: la città “oscilla protendendosi come due scintillanti corna di lumaca assetate di mondo e di oltre”, mentre “si apre sull’acqua come una mano spalancata sui frangiflutti del tempo”; cielo e mare sono “la stessa cosa quando i colori non sanno esattamente come pronunciarsi e rendersi distinti”. Ancora: “sono geometrie di esaltante fragilità quelle che regolano le nostre vite, pigmenti su stoffe di viaggi che si dissolvono al sole (…) un fiume disseccato e scomparso da ogni mappa, dimentico ormai di cosa abbia significato essere stato un tempo acqua”. Il libro procede così, tra suggestioni borgesiane, echi surrealisti e guizzi personalissimi, consentendo al recensore una potenzialmente vastissima rete di citazioni; ma, appunto Borges docet, la mappa non può coincidere con il territorio e gli estratti, pertanto, non possono ricalcare e prosciugare l’opera. Che a questo punto si rivela piccola soltanto in apparenza, negando in qualche modo i propri confini (come il mare e il cielo di cui si è detto prima) e suggerendo, pur nella precisione di alcuni riferimenti toponomastici, l’opportunità d’infinite permutazioni. Trapani insomma non è un pretesto, è un luogo fisico ben identificato, ma i suoi anfratti sono sfaccettature pronte a dilatarsi su spazi e luoghi ulteriori, suggerendo quanto poco importi appartenere per nascita ad un angolo di mondo oppure ad un altro: il destino definisce ma poi rimescola, intreccia, confonde. Di questo e d’altro (anche, in diverse pagine, d’amore) ci dice questo libro di Renzo Cremona, destinato a crescere sotto i nostri occhi, via via svelando l’impossibilità di dire nulla più che una minima parte di quanto rimane nascosto. In fondo ad un camminamento può esservi “il sussulto conclusivo del tempo”, mentre si è costretti “a rimanere seduti sopra la nostra fretta” e la meta è “ogni volta un centimetro più vicina alla lontananza da noi”. Ragion per cui “compariva così, dalle fenditure, la vera geografia che la vita aveva deciso per noi”, necessaria per computare “il numero infinito delle regioni in cui i nostri pensieri avevano risieduto senza sapere nulla gli uni degli altri”. Nella penultima cartolina la città inizia a prendere vita, ad animarsi e gemere: nell’ultimo brano, intitolato “i misteri”, lo scenario si fa apocalittico, terrifico, muta in bolgia e frastuono prima di farsi sepolcro, in una danza (macabra?) di figure misteriose e inquietanti. La trasfigurazione è compiuta, il libro-mappa si è espanso a città e, collassando, è tornato libro.