FOSSA CLODIA, LCE Edizioni (Castelfranco Veneto, TV)
Nota in seconda di copertina, settembre 2015
a cura di Paolo Ruffilli
Opera che promette di raccontare fin dalle righe di apertura “quaranta brevi storie di terra e di acqua”, Fossa Clodia è una suite articolata secondo i tempi della marea che periodicamente assedia e abbandona Chioggia, la vera protagonista di queste pagine. E proprio come la marea, nella quale alla fase di crescita delle acque segue il deflusso che porta verso il mare, qui la lingua sale attraverso gli interstizi dei luoghi su fino ai tetti della città per poi trasformarsi, ridiscendendo verso il basso (riavvicinandosi cioè verso la sua origine tellurica), da italiana a chioggiotta e poi di nuovo, riaffluendo, italiana, in un’alternanza di tempi cadenzata dalle diverse scansioni del dove e del quando.
Il libro, che si apre sull’invocazione alla Musa delle Bilance in un ideale mattino aurorale dove l’immagine stessa della città sta ancora lentamente riaggregandosi dallo sfaldamento delle acque che l’hanno percorsa, lascia che siano anche i luoghi stessi a parlare, a riprendersi lo spazio che gli umani hanno incatramato con le sedimentazioni del loro quotidiano agire. E mentre piano piano emerge dal profondo per farsi figura sempre più chiara e distinta, Chioggia (anzi, Fossa Clodia, che è nome primordiale della città e allo stesso tempo dito puntato alla concrezione e all’avvilimento dai quali urge il riscatto) viene percorsa in lungo e in largo fino alle sue isole più prossime non solo nei territori, ma anche e soprattutto nelle parole, se è vero che la lingua è mondo e questo può essere abitato. La scrittura di Renzo Cremona arriva al lettore in una forma di confine che sfugge alle classificazioni a noi note per avvicinarsi al tessuto di un’elegante e raffinata prosa poetica contraddistinta da un’incantata sospensione metafisica in grado di trasfigurare, grazie alla luce della parola, luoghi e situazioni che vibrano così di una nostalgia sottile e quasi antica.