il tempo non ci amava. non ci ha mai amati, e noi non abbiamo mai saputo con che accento parlargli, quali passi muovere per andargli incontro, per stargli più vicino, per capirlo. siamo così cresciuti orfani, separati da noi stessi e dal resto del mondo senza sapere perché.
forse è per questo che ci siamo dimenticati del tempo. forse è per questo che il tempo scorre, scivola via incolore, insapore, quasi intoccato. e ci ha lui stesso dimenticati.
Pubblicazione: ottobre 2007
Seconda edizione ampliata (comprendente la sezione Frammenti ritrovati di un antico manuale di spezie): settembre 2013
Editore: Edizioni Eva (Venafro, IS)
Collana: I Colibrì
Codice ISBN (Prima edizione): 978-88-88030-91-3
Codice ISBN (Seconda edizione ampliata): 978-88-96028-92-6
Note: Si tratta di una raccolta di monologhi drammatici in forma di prosa poetica suddivisa in dieci capitoli, otto dei quali contrassegnati da un titolo relativo ad un tipo di tè diverso e racchiusi da un capitolo introduttivo e uno conclusivo. La seconda edizione ampliata contiene una sezione aggiuntiva costituita da due ulteriori monologhi drammatici.
tè verde.
non falcio le erbe del giardino: tutte potrebbero servire un giorno, tanto quelle fiere e lucenti con i loro profumi quanto quelle inerti e basse, quasi timorose e inodori, che preferiscono rimanere nell'ombra ad ammorbidire il terreno.
con il tempo ho imparato che anche il ramo più corto può servire ad ospitare le barche in cerca di rifugio, anche le fronde più rade possono offrire riparo quando la luce si fa più impietosa. e ho appreso i ronzii che si nascondono tra le foglie, le voci sconosciute con cui gli alberi ci parlano, il numero segreto dei passi con cui scendere nelle nostre cantine.
e che la vita è qualcosa da non tenere troppo sul fuoco, che appena rimane un attimo di più nell'acqua diventa aspra e pungente, che se la vuoi assaporare fino in fondo può far conoscere aghi da legare la lingua.
vanno tuttavia bagnate le piante che ci abitano, e costantemente sorvegliate, perché l'infuso non abbia a soffrirne, poi, e le stanze non soffochino; perché si dia spazio a quello che si muove verso la luce, perché i mattini siano più freschi e le notti più morbide su cui cadere. perché, infine, si tagli quello che in noi è troppo, che è fuori, e ha nostalgia dell'infinito.
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