Contro la malattia del potere, smascherata dalla parola autentica, Renzo Cremona tocca le corde di un pensiero che rinuncia alla forza senza però rinunciare ad essere forte, a porsi come risonanza vitale delle cose e del loro segreto, fino all'amore che può permettersi di scorgere nella confusione infinita delle voci, indistinguibile da chi è impegnato a conquistare o a conservare il potere, le parole degli altri esseri che affermano altre possibili ragioni di esistenza. Lettere dal Mattatoio ristabilisce il filo della comunicazione tra sé e gli altri, nel nome di una solidarietà profonda; e lo fa senza illusioni, come sull'orlo del burrone della memoria, sapendo che inevitabilmente su tutto aleggia il senso vago e comunque inevitabile del "vicolo cieco". Piccolo ma decisivo spiraglio attraverso il quale passa il riscatto dal vuoto: la scoperta che, dall'abisso di noi stessi, qualche filo del nero gomitolo si può tirare.
"Che sia sempre leggera la tua mente e non pesi sul tuo corpo". È la dedica che introduce la seconda raccolta poetica di Renzo Cremona, "Lettere dal Mattatoio". Un augurio alla maniera di Kavafis, con quello stesso versificare asciutto e argomentato che appartiene alla poesia neogreca. Leggerezza, ossessione poetica. Sublimare nel verso oceani di sensazioni appiccicate al sangue e finalmente libere.
Il libro si apre con la ritmica cavalcata di "L'impero delle visioni" cui segue per contrasto "Lettera ad un amante", componimento più breve di un haiku che evoca un'immagine di estrema lucidità razionale. Una semplicità cristallina caratterizza poesie come "L'incontro", "Lo spaventapasseri", "Paesaggio estivo con trappola per uccelli", che rimandano a scenari naturali. Altre si tingono di bagliori espressionisti e sfumature violente. La scelta stessa del titolo e quel bue scuoiato di Chagall che fa bella mostra di sé in copertina, lasciano intuire che non tutto è stato inanellato nella terrigna ascendenza epigrammatica: incolmabile resta lo scarto attraverso cui si svelano tempeste interiori. Aleggia su tutte le poesie la presenza palpabile di un'assenza, il ronzio ovattato di notti insonni, il "senso della lotta scalza sulla pelle del giorno". Ma avviene infine ciò che accade nella costruzione della Zobeide di Calvino, in cui la solitudine diventa opera e città dove ciascuno crede di riconoscere le vie del proprio sogno.
Il libro si chiude sull'immagine verde e serena del muschio che cresce sulla corteccia e di parole incise negli alberi. Su una leggerezza conquistata.
Tutto quello che il poeta è, che ha introiettato nelle innumerevoli frequentazioni letterarie il libro lo porta con sé e lo mostra: la passione per la letteratura classica, per la lirica neogreca, per la poesia tedesca contemporanea da Weil a Fried. Ma tutto è talmente assimilato da forgiare un unicum originale e maturo.
"Lettere dal Mattatoio" segue "Foreste Sensoriali" dopo nove anni di silenzio e dopo numerose traduzioni di testi letterari dal cinese moderno, dal mancese classico, dal portoghese e dall'afrikaans: la passione per le lingue ha permesso all'autore di avvicinare senza mediazione i poeti stranieri. Non passeranno altri nove anni prima della prossima pubblicazione: sta per essere dato alle stampe "La Pergamena delle Mutazioni" che sarà presentato ad ottobre, "perché nulla andasse perso / perché i giorni non corrodessero la memoria".
Rinunciare alla forza senza per questo rinunciare a "essere forti". Idea che forse appartiene più alle parole che al mondo della pratica quotidiana, capace però di riproporsi nell'ambito della poesia. Per Renzo Cremona, traduttore dal cinese moderno e dal mancese classico, ma autore anche di una traduzione dall'afrikaans della poetessa Ingrid Jonker, alla parola poetica dovrebbe rimanere il compito di comunicare, rinunciando allo sperimentalismo ad ogni costo per privilegiare invece i contenuti. Una tesi che sembra emergere durante la lettura delle Lettere dal mattatoio, raccolta poetica di Renzo Cremona, pubblicata nel giugno scorso dalle Edizioni del Leone (pagine 77, 12.00 euro). Eppure, anche dietro l'apparente semplicità di luoghi e sensazioni salta fuori il tormentato rapporto con il potere. Dalla volontà di potenza dell'individuo al "vicolo cieco" dove sembriamo costretti, imprigionati da quella che Cremona chiama "malattia del potere". Ossessione che contagia e che spesso inquina anche l'onestà dei migliori rapporti. Nelle "Lettere dal mattatoio" non sempre funziona il racconto di questo male, almeno quando l'autore si distrae, forse compiaciuto dalle metafore e meno attento alla corrispondenza tra la forza del titolo e gli effettivi contenuti dei testi. Altre cose però si nascondono sotto le righe. Per esempio, allusioni alla tradizione oracolare che accomuna la poesia ai testi della più remota classicità. Viaggio della parola che pare incontrare anche l'I Ching, il "Libro dei Mutamenti" della Cina arcaica ed antica ("i libri li ho consultati / le mappe le ho lette / i tracciati mi sono noti. Il tuo nome è quello di colui che se ne sta / nell'accampamento").
Dentro e fuori l'anima per incontrare il mondo, senza l'illusione che una silloge poetica sia in grado di cambiarne nemmeno un pezzettino.
RENZO CREMONA, veneziano, ha pubblicato una raccolta di versi, LETTERE DAL MATTATOIO, per i tipi delle EDIZIONI DEL LEONE di Venezia (2002, pp. 75).
I temi sviluppati nascono dalla realtà, senza illusioni, ma da una realtà quasi allucinata, "il senso / vago / ma comunque inevitabile di un vicolo cieco" (p. 25), e "in uno stato di delirio ... / mi alzo / la notte / in cerca della memoria che si sta perdendo" (p. 35); la conclusione è la sensazione di vedere un corridoio e la luce di un televisore acceso che illumina "immagini di qualcosa che io non sono più / in una stanza che non riesco a raggiungere, per quanto / continui a camminare". Allo stesso modo accade quando egli sogna di nuotare in una grande piscina (p. 67): "e i miei piedi lo capiscono: c'è solo la superficie / ma manca il fondo".
Il senso del vuoto, però, è rassegnato, quasi fosse norma di vita ineluttabile. Questo risulta chiaramente da una poesia che lo puntualizza efficacemente attraverso l'immagine delle formiche: "Strato su strato / briciola dopo briciola / costruendo / ci si barrica contro la paura di una nuova alba" (p. 20). Ma di queste formiche umanizzate non resta assolutamente nulla. Secco destino simbolicamente rappresentato dal caso: "un solo piede / e finisce tutto". Non c'è alcun commento; basta il peso della durezza.
Questo senso di mancanza, di assenza è reso meglio quando dalla brevità e dall'essenzialità emerge il mondo interiore di spontanea purezza, come nella felice poesia Davanti alla fotografia (p. 14), "Dallo stupore innocente, / dalla tua morbidezza / ti ho riconosciuto". Non accade lo stesso quando il poeta ricorre all'artificio del contrasto, come per esempio a p. 15, nell'immagine di porte che "dopo essersi aperte / rimangono ancora più chiuse di prima". Meglio tornare alle immagini semplici, più spontanee, come a pag. 73, in Irene e le foglie, dove "figure profumate" "sono morbide, come le carezze. e / sottili. / sono belle. / E questo mi basta".
Xe fadiga dire in dialeto le sensazion che se ga lesendo sta racolta de versi (la parola "poesie" la me pare ridutiva par sti testi) indaganti e intriganti. Cremona el pare inpegnà a smaterializare la realtà, par ricostruire su la so tracia ìsole de pensiero, conceti, idèe, inquietùdini e, de tanto in tanto, nostalgìe profonde, sfociando in imàgini "allusive", che sotintende discorsi più anpi e difarenti.
Linguagio cólto, moderno, con uso inteligente de la parola, giacimento esplicito d'ogni forza segreta de la realtà. Afiora, tra i versi, un vago senso de delusion, de malstare; su la pèle de le parole ghe xe deposità una tension enorme, na specie de rabia che pare lì lì par scopiare. Provoca delusion el raporto co i altri; el tema del sociale l'òcupa el primo posto, però el poeta no 'l se sbilancia, no 'l dise quale che xe el so inpegno concreto "per non cadere preda del passato" (Arredamento), per evitare de èssare confinà nel "proprio spazio", par modificare, insoma, sta situazion precaria stagnante. Sta "poesia dell'io" la ne ricorda la "cupa solitudine" de l'omo e la condana del vìvere, motivi tanto cari ai poeti de la poesia ermetica.
El cativo raporto col mondo e la vision negativa del reale non favorisse la quiete interiore, parché el pessimismo no 'l aiuta a lèsare i colori del buio e le parole del silenzio. Ma, giustamente, el pensiero xe fato a strati, come i anèi del tronco de l'àlbero, el xe fato de stajon che se alterna. E gnente più de la poesia e del pensiero xe "mutevole", cioè in créssare. Cussì, xe da spetarse che anca l'una e l'altro de sto autore i possa rivare a mostrare aspeti diversi, calcossa che se s-ciara a l'orizonte, parché xe fora discussion che Renzo Cremona xe poeta autèntico, "nella parola e nello spirito".
Una raccolta di versi di un giovane poeta veneziano che ad un personale modo di scrivere d'amore e di sentimenti, affianca icastici aforismi sul potere, sul pregiudizio, sull'antropocentrismo, sulle differenze, sulla memoria... e su tutto "il senso / vago / ma comunque inevitabile di un vicolo cieco".
Poesia. L'opera di Chagall riprodotta in copertina (Il bue scuoiato) pare denunciare il contrasto fra sogno e realtà, così la contrapposizione di versi brevi e lunghi che spaziano in modo arioso nella pagina, sennonché l'ariosità porta in sè contenuti densi, con una loro interiore durezza, rilevando anche nella creazione linguistica "la nostra eterna / libertà provvisoria" (Mezzogiorno) per cui si cercano vie di fuga, sia pure sotto metafora, lampante e originale all'inizio del testo di p. 45: "scorticato / dalle spine di un incubo".
Renzo Cremona è nato a Chioggia nel '71. Laureato in lingua e letteratura cinese, con importanti traduzioni al suo attivo, ha esordito come poeta con Foreste Sensoriali (Edizioni del Leone 1993). Con lo stesso editore ha pubblicato di recente Lettere dal mattatoio, riflessione lucida e disincantata intorno alla vita, al "vicolo cieco" che ne costituisce lo sfondo, ma senza mai rinunciare alla speranza di un riscatto. La poesia di Renzo Cremona è nitida, priva di ridondanze, assolutamente lontana da cedimenti lirici, inclinata verso una prosa descrittiva dove a tratti risalta un approccio mentale distante e distaccato, esente da soluzioni concettuali e piuttosto ispirato a una pacata e misurata saggezza.
cronaca dal margine di un'insolazione.
allo stato brado di un pensiero,
sul confine tra un mozzicone di sigaretta e il deserto
è quasi sera, ma
prima che le prede scappino
l'ago della bussola
ha già toccato terra
e segnato il punto di arrivo. ed ecco che
le loro pelli brune e bruciate,
scampate ai naufragi
ma non all'arroganza dei sensi,
sbarcano sulla terraferma e ricompaiono sui pontili
ed un'ombra di pietra e inquietudine
scivola dentro le scarpe.
lente e fugaci
misteriose e buie
come segni incisi in epigrafi etrusche, attendendo il momento
dell'incontro
confondono l'espressione di una certezza alle parole,
il senso vago della notte al giorno in arrivo,
il profilo vago ed instabile di un sogno che sfugge
nel buio
che precede
una caduta.
Si incontrano molti ostacoli nei versi di Renzo Cremona: deragliamenti, oscurità e vicoli ciechi impediscono agli uomini di vivere una vita autentica. Il bue scuoiato di Marc Chagall, immagine di copertina della raccolta di poesie Lettere dal mattatoio, introduce subito il lettore in un universo letterario ricco di simboli e nello stesso tempo di carnalità. La poesia di Cremona è intrisa di sensazioni corporee e immagini vivide. I versi sono frammentati, asciutti, composti talvolta di una sola parola; eliminate completamente le maiuscole dopo i punti. Alcuni componimenti sono più brevi di un haiku giapponese, altri evocano immagini naturalistiche di estrema brutalità. E in questo universo doloroso le infinite differenze umane si annullano, proprio come in un mattatoio, luogo di morte per eccellenza. L'autore, nato a Chioggia, traduce testi letterari dal cinese moderno, dal mancese classico, dal portoghese e dall'afrikaans. Le sue poesie fanno tesoro di mille suggestioni culturali.
La poesia di Renzo Cremona trae alimento vitale e piena giustificazione dallo sforzo volto a "decifrare i contorni" del "volto graffiato del passato", che altro non è che "la memoria del nostro futuro".
Sono pensieri e visioni "sporche di verità", che si sviluppano lungo due linee direttrici fondamentali. La prima è quasi aforistica, essenziale e asciutta: le riflessioni, che assumono il carattere oggettivo ed universale della "massima", tendono a misurarsi con "l'eterna libertà provvisoria" della condizione umana. È il caso di poesie come quella intitolata Paraklausithyron: "Quante sono le porte chiuse. | E quante | dopo essersi aperte | rimangono ancora più chiuse di prima."
Il secondo registro possiede una connotazione più intima e privata, attenta alle implicazioni di natura psicologica. Cremona scava nell'intimità del proprio "io", confessando con scrupolo quasi psicanalitico i tormenti ed i tumulti della propria anima. Leggiamo alcuni versi da Zona d'ombra: "senza nemmeno accorgermene | prima dell'alba | commetto di nuovo l'errore e | dopo avere rastrellato il terreno arrancando sulle mie stesse orme | vado a leggere la mappa che tengo accartocciata nella memoria."
Esiste poi un terzo gruppo di poesie, il cui numero è più ristretto, che contempla e unifica le motivazioni di entrambe le linee principali, sintetizzandole nel segno della "comunicazione tra sé e gli altri", come si legge nella brillante Nota Editoriale. Una di queste poesie si intitola Orizzonti: "Voleva vedere la luna. | E non aveva mai visto dentro di sé. | Forse proprio per questo."
Anche Breve discorso sulle differenze risponde alla medesima esigenza: "diverso | mi vollero. | Per timore di essere | uguali."
Come appare evidente, è un poetare estremamente interessante, acutamente pensoso epperò scevro di noiosi e confusi intellettualismi, in possesso di un proprio solido impianto limpido e lineare.
L'arioso modulo di scrittura in effetti nasconde la densa complessità di pensieri che non si annullano, ma resistono tenacemente ancorati alla parola fino allo scorrere ampio e quasi fluviale di "zona d'ombra", la cui narrazione si muove in senso diacronico e, in qualche caso, per esempio in "urbanesimo", vincolando il significato ad una germinazione linguistica - infatti 'liquide immagini' traspaiono nella "dimensione degli specchi" a porre nel loro riverbero il dilemma: presenza o gesto metafisico?
In un monastero bizantino.
Quasi naufragando tra poco arriva il nuovo giorno.
Come nella foschia
antichi villaggi fiamminghi
dispersi
nella campagna
tornano a visitare i miei orizzonti prima dell'alba.
L'autunno è alle porte,
lo sento
dal ricordo che si è fatto più acuto, dalla tua
immagine
che torna a trovarmi come un tempo.
E nel mio sogno vedo
orme
di viaggiatori medievali
in cammino verso le frontiere del sole,
nell'allucinazione indistinta del dormiveglia
intravvedo
forse
me stesso
tra le righe di un manoscritto
in mezzo all'inchiostro delle mani e nella follia dei
miei giorni
navigare alla deriva
nelle geografie dell'estasi.
da "Lettere dal Mattatoio"
Originalità e intelligenza, spiccato senso estetico e compiutezza di sintesi connotano questa raccolta dal titolo singolare, ma metaforicamente appropriato, in cui l'autore riesce a produrre considerazioni filosofiche di tutto rispetto senza togliere nulla all'afflato poetico di fondo, che rapisce, apre e conclude con ottimo respiro, soprattutto quando disserta su di un sentimento d'amore, anche se perdente, mettendo in luce l'assurdo ed insieme oscuro senso di possibile riscatto.
Abbiamo apprezzato particolarmente le liriche: "Su di un corpo vivo", "Mezzogiorno", "In un monastero bizantino", "Mattatoio" e "L'albero della cuccagna".
Nella raccolta "Lettere dal Mattatoio", di Renzo Cremona, ogni poesia appare in sé conclusa, ma in realtà si ricollega alle altre nel rispetto di una continuità universale. Incontri, viaggi, rapide visioni di villaggi, di orizzonti che si vorrebbero aperti, parole come pietre, discorsi brevi e lapidari, tutto arde e si spegne come una fiamma di fronte al fuggevole bagliore della vita.
Dovunque si percepisce una sofferenza cosmica di matrice leopardiana che divampa e svanisce ad un tempo, dando origine a una visionarietà scandita dai battiti del martirio, e da un verso martellante e inquieto che a nulla indulge pur di annunciare la propria interiore verità.
Si conferisce a Renzo Cremona il Premio Selezione per la sua Opera Letteraria, specchio che riflette l'arcana magia dell'essere e del pensiero che nasce nell'anima. Sente profondamente le problematiche del mondo moderno e le esprime in modo incisivo e originale.
I testi e le immagini, se non indicato diversamente, sono di esclusiva proprietà di Renzo Cremona. – © 1993-2024 renzocremona